A casa nostra. Finalmente si corre a Monza, sede del Gp d’Italia, la pista che ha ospitato più gare del campionato del mondo (siamo alla 75esima volta). Più di Monte Carlo, più di Silverstone dove tutto questo è nato 75 anni fa. Monza è terra di miracoli Ferrari. Pensate al 1988, quando Berger e Alboreto siglarono una doppietta storica nell’anno del doiminio McLaren, ma anche nel primo Gp d’Italia senza Enzo Ferrari. Oppure pensate anche allo scorso anno quando prima Sainz si prese la pole e poi Leclerc conquistò la gara sorprendendo tutti con una strategia ad una sola sosta. Qui c’è spazio per i sogni
E quest’anno anche per un ricodo speciale: 50 anni fa proprio il 7 settembre, Niki Lauda conquistrò il Mondiale con la Ferrari nel giorno in cui Clay Regazzoni vinse la gara. Vedi qui il ricordo di Piero Ferrari

- L’Autodromo Nazionale di Monza, costruito nel 1922 e rimasto quasi inalterato nella sua anima da alta velocità, è una delle piste più iconiche del calendario di Formula 1, del quale ha sempre fatto parte con l’unica eccezione del 1980, quando la gara si svolse a Imola.
- Lungo i 5.793 metri del percorso le monoposto toccano velocità altissime grazie ai lunghi rettilinei sui quali è possibile spingere al massimo. I tratti rapidi del circuito sono uniti tra loro da curve altrettanto celebri: basta pensare alla Variante del Rettifilo, in fondo al rettilineo del traguardo, alla Roggia, che segue la Curva Grande, che i piloti affrontano in pieno, e alla variante Ascari, che arriva dopo le due curve di Lesmo e lancia verso la celebre Parabolica, ora intitolata al grande Michele Alboreto.
- L’efficienza aerodinamica è fondamentale per avere velocità di punta ed è dunque scontato vedere vetture con ali particolarmente scariche: la natura della pista impone tuttavia di tenere in conto anche il comportamento delle monoposto nelle varianti, dove serve trazione in uscita per limitare i problemi legati alle gomme e potersi difendere in gara quando si viene attaccati.
- La curva più dura dell’Autodromo Nazionale Monza per l’impianto frenante è la prima, meglio conosciuta come Variante del Rettifilo: le monoposto vi arrivano a 337 km/h e scendono a 89 km/h in 2,75 secondi durante i quali percorrono 129 metri.
- Lo sforzo richiesto ai piloti è di 4,7 g e il carico che esercitano sul pedale del freno è di 162 kg. La potenza frenante è invece di 2.715 kW.
- Dei 1.140 GP disputati dall’introduzione del Mondiale, nel 1950, il GP Italia 2003 è quello con la media oraria più alta del vincitore: Michael Schumacher completò i 53 giri, pari a 306,72 km in un’ora 14 minuti 19 secondi e 838 millesimi ad una media di 247,586 km/h.
- Un valore folle, reso possibile dal talento del pilota tedesco, dalla potenza del V10 che spingeva la sua F2003-GA e anche da pinze e dischi Brembo, potenti e in grado di garantire la stessa efficacia dalla partenza alla bandiera a scacchi.
L’inizio della leggenda
Il GP Italia 1975 è ancora oggi ricordato da tutti i ferraristi perché riportò la gioia a Maranello. Dopo i Mondiali Piloti e Costruttori vinti nel 1964, infatti la Ferrari era andata incontro ad un periodo buio, testimoniato dai soli 13 GP vinti in un decennio, che si concluse proprio al GP Italia 1975: grazie al 3° posto Niki Lauda conquistò aritmeticamente il titolo iridato, mentre il successo di giornata del compagno di squadra Clay Regazzoni garantì alla Ferrari il titolo Costruttori.
Non cambia la selezione di mescole per il Gran Premio d’Italia: all’Autodromo Nazionale Monza verranno infatti utilizzate la C3 come Hard, la C4 come Medium e la C5 come Soft, esattamente come lo scorso anno, quando la pista era stata appena riasfaltata. Dopo dodici mesi di utilizzo, l’asfalto avrà inevitabilmente subito un processo di invecchiamento, ma ciò non dovrebbe incidere in maniera sostanziale sul ventaglio di strategie possibili sul circuito che richiede il carico aerodinamico più basso di tutta la stagione.
Le mescole più utilizzate in gara saranno con ogni probabilità la Hard e la Medium. Il livello di graining dovrebbe essere presumibilmente inferiore rispetto a quello riscontrato lo scorso anno, quando il manto non era ancora rodato. Il tempo perso in pit-lane per il cambio gomme è tra i più elevati del calendario: le squadre cercheranno quindi di allungare il più possibile gli stint, tenendo sotto controllo il degrado, per provare a fermarsi solamente una volta per il cambio gomme.
La difficoltà nei sorpassi, dovuta soprattutto alla ridotta efficacia del DRS quando il carico aerodinamico di base è ai minimi, è un ulteriore elemento che, spesso, fa pendere la bilancia della strategia verso la sosta singola. A controbilanciarli potrebbe esserci il fattore temperatura: se fossero elevate – l’inizio di settembre in Lombardia può riservare ancora un clima da piena estate – il degrado dei pneumatici potrebbe accelerarsi e, di conseguenza, rendere il doppio pit-stop più competitivo.
La strategia vincente di Leclerc l’anno scorso
- La strategia di gara, specie dopo la corsa dell’anno scorso vinta da Charles Leclerc con la Ferrari, potrebbe essere orientata per molti piloti sulla sosta unica, ma sarà necessario scendere in pista per raccogliere riscontri più precisi.
- Alla partenza la Medium era stata scelta da 14 piloti mentre i restanti sei avevano preferito l’opzione più conservativa, ovverosia la Hard.
- I 19 piloti che sono arrivati alla bandiera a scacchi, tolto Lance Stroll che di soste ne ha effettuate tre, si sono suddivisi in maniera pressoché equa fra chi ha concluso la gara con un solo pit stop e chi con due.
- I tre saliti sul podio sono tutti partiti con la C4. Il vincitore, Charles Leclerc, ha cambiato set al quindicesimo giro, montando la C3 e portandola fino al traguardo.
- I due piloti McLaren, Oscar Piastri e Lando Norris, che hanno occupato gli altri due gradini del podio, si sono invece fermati una volta in più per usare un secondo set di Hard.
- Nei fatti, anche Lance Stroll avrebbe dovuto iscriversi al gruppo del doppio pit-stop perché la terza sosta – e anche l’unico run con le Soft effettuato – è stata fatta solamente con l’obiettivo, peraltro mancato, di ottenere il punto supplementare per il giro più veloce della corsa.
- Determinante nello sviluppo delle strategie è stato il graining, che era sì rilevante nei primi stint ma che è andato calando in quelli successivi, permettendo ai piloti che avevano puntato sulla sosta singola di estendere l’uso delle gomme senza pagare un prezzo elevato in termini di prestazione.
Il trofeo per il vincirore: Chimera

- Si chiama Chimera il trofeo che premierà i tre piloti sul podio e il rappresentante della scuderia vincitrice. È questo, infatti, il nome che l’artista italiano Nico Vascellari ha scelto per la quinta edizione del progetto ideato da Pirelli e Pirelli HangarBicocca.
- Dal 2021, infatti, viene affidata ad un artista italiano la creazione del trofeo della gara italiana di cui Pirelli è Title Sponsor, trasferendo l’espressività contemporanea dai canonici circuiti dell’arte a quelli della Formula 1, che proprio quest’anno vede Pirelli celebrare la propria presenza in ben 500 Gran Premi.
- La prima commissione era stata affidata all’artista Alice Ronchi nel 2021, seguita nel 2022 da Patrick Tuttofuoco, nel 2023 da Ruth Beraha e nel 2024 ad Andrea Sala.
- Il tema della mitologia e della velocità, già esplorato con “Tifone” nel 2022, si ripresenta quest’anno con “Chimera”.
- L’enigmatica figura scultorea creata da Vascellari rappresenta l’idea stilizzata di movimento dei tre animali più veloci d’aria, d’acqua e di terra: rispettivamente, il falco pellegrino, il pesce vela e il ghepardo.
- Le loro peculiarità aerodinamiche – legate all’ala e agli artigli per l’uccello, alla coda per il felino, alla pinna per il pesce – sono fuse in un’unica specie fantastica che richiama l’evoluzione, la metamorfosi e il cambiamento.
- I trofei sono realizzati in alluminio – materiale leggero utilizzato anche nelle monoposto di Formula 1 – attraverso un processo che, partendo da un disegno bidimensionale poi trasposto con modellazione organica e stampa 3D in resina, culmina nella fusione a cera persa, tra le più antiche tecniche scultoree, unendo così competenze artigianali ad altre altamente innovative.


